Mentre l’attenzione dei tecnici del governo si concentra sul taglio delle province e sull’analisi attenta dei costi delle regioni e delle loro spese pazze, arriva la notizia di un buco da un miliardo di euro da ripianare che incide sul PIL. Non si tratta della voragine che l’INPDAP ha portato dentro l’INPS, ma di un rosso fisso su uno dei prodotti Made in Italy più apprezzati nel mondo, quelli artistici.
La SIAE, la società che tutela il diritto d’autore di chi opera nel mondo della musica e dello spettacolo ha accumulato un debito che si aggira intorno alla cifra di un miliardo di euro, ancora da stimare per l’anno in corso, ma che partono da 800 milioni di euro di debito del 2010. A pesare sui costi l’incredibile meccanismo di raccolta dei fondi provenienti da editori ed artisti, per cui per incassare 600 milioni di euro la SIAE ne spende 200.
Il confronto con le altre società è impietoso, con l’anglosassone MCPS-PRS che ne spende 70 per raccoglierne ben 700. Uno dei pochi artisti italiani a chiedere una modifica sostanziale delle clausole contrattuali è rimasto lo storico cantante Gino Paoli, una goccia nel mare che ha portato ad un commissariamento della SIAE affidata alle mani esperte di Gianluigi Rondi, tecnico del 1921. Non esattamente una persona adatta a gestire un mondo così dinamico, ma questo rientra nella normalità di un paese che ha una classe dirigente troppo vecchia per sopravvivere ai richiami del mondo globalizzato.
La Commissione Cultura del governo Monti è intenzionata ad aprire un’inchiesta ma al momento dalla SIAE non sembrano arrivare segnali di un concreto interesse per un procedimento di spending review. Una svolta potrebbe arrivare in tal senso dall‘Unione Europea che intende creare un mercato unico per le licenze musicali, mettendo allo stesso tavolo le 250 società che nel vecchio continente gestiscono gli introiti degli artisti europei.
La torta da spartire è bella grossa, con un fatturato stimato di 6 miliardi di euro l’anno, nonostante i costanti rischi derivanti da p2p, download illegale di musica e tanti altri modi sperimentati per “sfuggire” all’esercizio del diritto d’autore sulla musica.
“Più in generale, le società di gestione collettiva, indipendentemente dal settore in cui operano, dovranno rispettare gli standard europei che stabiliscono un miglioramento della gestione e una maggiore trasparenza nello svolgimento delle loro attività. Il cambiamento di alcune pratiche adottate dalle società di gestione collettiva è orami impellente, come dimostrano i recenti casi in cui le royalty incassate per conto dei titolari di diritti sono andate perdute a causa di errate politiche di investimento o di lungaggini nel versamento delle royalty ai titolari di diritti.”
La SIAE potrebbe presto scomparire e tutti gli editori e operatori nel mondo della cultura potrebbero finalmente confrontarsi con una nuova istituzione.
Massimo De Rosa – www.cormano5stelle.it
14 ottobre 2012
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